Il tema delle attività esercitate dalle O.d.V. ritenute, dal legislatore fiscale e dagli organi accertativi potenzialmente commerciali  sta assumendo, sempre più, interesse in particolare per le associazioni più strutturate. Infatti, nel tempo, sia per le mutate condizioni economiche e sociali che hanno indotto da un lato le istituzioni a mutare le condizioni di offerta dei servizi socio assistenziali, dall'altro il cittadino a rivolgersi a soggetti privati, che per le rigorose normative riguardanti tali ambiti di attività, le associazioni di volontariato hanno sentito la necessità e il dovere di organizzare servizi strutturati per essere pronte a rispondere a tali nuovi bisogni nel rispetto delle normative vigenti. La normativa oramai datata rappresentata dalla L.266 del 1991, i recepimenti regionali e il decreto del Ministero delle Finanze 25.5.1995 non sembrano essere in grado di regolare una realtà che, già dalla loro emanazione ma in particolare negli ultimi anni, ha assunto caratteristiche diverse. Pur mantenendo ferme le proprie finalità solidaristiche e le modalità di erogazione dei propri servizi svolti oramai da secoli, il volontariato vive un momento di crisi normativa, di un vuoto non colmato dai numerosi interventi legislativi degli ultimi anni (onlus, impresa sociale, etc), che hanno avuto, nei suoi confronti, un’atteggiamento o di indifferenza o spesso di ostilità (come appunto il D.L. 185/2008 – decreto anticrisi). Nell’articolo allegato, sintesi di un più ampio progetto di ricerca, si è cercato di affrontare le problematiche accennate nell’ipotesi, doverosa, di voler mantenere l’attuale varietà e complessità di offerta. Analizzando, attraverso una serie di case studies realtà del territorio toscano per verificare le concrete modalità di gestione di attività commerciali da parte di una organizzazione di volontariato, si è voluto fornire un ventaglio di possibili soluzioni organizzative.
Articolo E.n.p. 06/2011 (989 KB)