Intervento del Presidente Giani al 13° Congresso dell’Unione Mondiale delle Misericordie che si è tenuto a Brasilia
Signor Presidente De Lesmos, caro Manuel, cari Consiglieri e cari delegati presenti al congresso Internazionale delle Misericordie.
Mi scuso per non poter essere presente al 13°Congresso dell’Unione Mondiale delle Misericordie a Brasilia, ma sono lieto di farvi avere ugualmente il mio saluto personale. Questa edizione del Congresso si tiene dopo un periodo molto impegnativo per tutte le Misericordie e ad un anno dal mio insediamento alla Presidenza delle Confederazione delle Misericordie d’Italia.
Il mio legame con il mondo delle Misericordie è tuttavia di lunga data: avevo dodici anni quando iniziai a frequentarlo, entrando a far parte della Confraternita di Arezzo.
E’ stata una scoperta che ha cambiato la mia vita. Ho conosciuto persone straordinarie che facevano, e tuttora fanno, cose altrettanto straordinarie; ho visto quanto di buono è possibile fare se si uniscono le forze; ho toccato con mano la bellezza di mettere in pratica il comandamento “Ama il prossimo tuo come te stesso”. Da allora molto è cambiato: in una società sempre più complessa sono cambiate anche le domande da parte dei cittadini, che cercano, e trovano, sempre più risposta ai propri bisogni sanitari, ma anche socio – economici, nel Terzo Settore, in rapida e progressiva evoluzione; sono cambiate le Misericordie stesse, che si sono ancora più specializzate nell’erogazione di servizi di qualità, con personale altamente qualificato.
Questo è frutto di un grandissimo lavoro svolto quotidianamente, innanzitutto a partire dall’ascolto delle necessità della popolazione, dall’accogliere i bisogni espressi ma anche dal predisporre un ambiente favorevole a far emergere quelli che per molti motivi, non emergono.
Non è sempre facile chiedere aiuto. La società ci insegna che dobbiamo essere forti ed imparare a cavarsela da soli; che dobbiamo essere in grado di affrontare ogni situazione, ogni difficoltà. Per molte persone chiedere aiuto è difficile, sia perché lo si vede come un segno di debolezza, sia perché non si hanno sufficienti abilità sociali per farlo o non si sa a chi rivolgersi o a chi affidarsi. Sta a noi, uomini e donne di Misericordia, aprire uno spiraglio nel muro della diffidenza, sta a noi tendere la mano e far capire che siamo pronti ad intraprendere insieme un percorso di risalita, con rispetto, reciprocità, ponendosi a fianco di chi ha necessità.
E’ con questo spirito che sono fiero di aver visto nascere, durante la mia Presidenza, un progetto complesso ed importante, “HOPE”. In un periodo segnato dalle gravi conseguenze socio-economiche portate dall’emergenza sanitaria del Covid, si è reso importante sviluppare una progettualità a lungo termine che possa non soltanto intervenire sulle necessità immediate della popolazione, ma anticipare le richieste provenienti dalle persone, dalle tante famiglie che oggi si trovano in situazioni di difficoltà. Significa, in altre parole, agire nella direzione dell’innovazione sociale, intesa come la capacità di rispondere a bisogni sociali emergenti attraverso soluzioni e modelli innovativi, creando allo stesso tempo nuove relazioni e nuove collaborazioni, che accrescano le possibilità di azione per la società stessa. Attraverso il Progetto “HOPE”, coordinato e realizzato dalla Confederazione Nazionale grazie al supporto del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, abbiamo creato una struttura volta al miglioramento delle condizioni di vita di persone svantaggiate, mirando alla soddisfazione di bisogni rimasti senza risposta della società nel suo insieme. “HOPE” è un progetto aperto a tutti coloro che si trovino in condizioni di difficoltà ed abbiano bisogno di un sostegno, erogato tramite le “Case del Noi”, diffuse in tutta Italia, veri e propri spazi inclusivi aperti ai cittadini in cui sentirsi ascoltati sempre, dove il personale volontario, altamente formato all’accoglienza, si occupa di prendere in carico eventuali bisogni e richieste, ma anche attraverso gli Empori Solidali, in cui le persone possono fare la spesa gratuitamente, utilizzando una tessera, e reperire beni di prima necessità.
In queste forme di supporto concreto alla popolazione è centrale la dignità della persona, che deve essere protetta e custodita a partire dall’ascolto, ossia dalla prima apertura al dialogo e all’interazione.
Accogliere è la nostra missione, ma anche accudire, “avere cura”, proteggere. Su questo tema vorrei richiamare le parole del Santo Padre: "La prima protezione di cui abbiamo bisogno è quella che ci preserva dall’isolamento sociale - ha detto recentemente Papa Francesco - Abbiamo bisogno di capire e di vedere che la nostra vita dipende da quella degli altri e che il bene è contagioso. Farsi prossimo dei fratelli ci rende migliori, più disponibili e solidali. E nello stesso tempo la nostra società diventa un po’ più vivibile". “La guerra” - ha aggiunto Francesco - "segna una resa nei confronti della capacità umana di proteggere".
Parlando di conflitti non posso non rivolgere un pensiero alla drammatica situazione in Ucraina. La tragedia umanitaria che ha duramente colpito i fratelli e le sorelle ucraine ci ha visti impegnati sin dall’inizio per dare supporto alla popolazione su molteplici ambiti: la raccolta di aiuti, che ha avuto una grandissima risposta da parte degli italiani; il trasporto dei civili sia direttamente verso i confini di Polonia e Ucraina, anche attraverso il DisEvac, il servizio volto all’evacuazione in emergenza di persone fragili, disabili o con specifiche necessità, attivato tramite il Dipartimento della Protezione Civile, sia con un ponte aereo da Milano in collaborazione con il CISOM; le operazioni di esfiltrazione; il VOLO ITA, organizzato insieme alla Federazione Regionale delle Misericordie della Toscana e al Coordinamento Fiorentino, con il quale abbiamo portato in Italia anche il gruppo di Orfani di Leopoli della Fondazione Ridni. Nei primi giorni di Marzo ho potuto vedere con i miei occhi l’orrore della guerra, in occasione del viaggio compiuto fino a Leopoli, dove ho incontrato il Sindaco della città, insieme alla Fondazione Ridni. Voglio però ricordare anche il grande lavoro dei Volontari delle Misericordie italiane, che hanno saputo organizzarsi nel momento dell’emergenza e fornire subito aiuto concreto alla popolazione colpita dalla guerra.
Questa è una grande squadra che mette sempre il massimo impegno in tutte le azioni che compie.
Le Misericordie sono nate otto secoli fa come servizio alla comunità e da allora operano quotidianamente mettendo al centro la Persona e i suoi bisogni. Il segno tangibile di quanto viene fatto ogni giorno, dell’impatto positivo sulla società e sul benessere dei nostri concittadini, è dato dai tanti traguardi raggiunti sinora, dalle molteplici collaborazioni strette con enti, istituzioni e autorità, ponendosi come “voce di chi non ha voce”, instaurando un dialogo che sia costruttivo per ottenere una sempre maggiore tutela dei diritti degli ultimi. Ed è proprio per questo motivo che dobbiamo sentire nostro il ruolo, come Fratelli di Misericordia, di “pietre d’inciampo”, al fine di ribadire la necessaria centralità, nell’agenda politica, di misure volte a proteggere le fasce più vulnerabili della popolazione, attraverso politiche sociali di tutela ed inclusione.
Oggi le Misericordie hanno dalla loro parte anni e anni di contatto diretto con la comunità, di profonda conoscenza del territorio, di esperienza al fianco dei più deboli. Anni impegnativi che ci danno la possibilità di levare la nostra voce in difesa di chi è in una situazione di fragilità.
In quanto membri delle Misericordie abbiamo il dovere di educare ai principi cristiani che ci guidano, perché le nostre gesta quotidiane, anche le più semplici, hanno un riflesso negli altri e dunque nella società stessa. Come noi siamo custoditi dall’amore di Dio, che di noi si prende cura, accompagnandoci nel nostro cammino, così dobbiamo custodire gli altri, a partire da un nostro percorso di crescita individuale, acquisendo la consapevolezza di quanta influenza possiamo avere con il nostro operato.
Se parliamo di crescita penso ad un aspetto cruciale per il nostro Movimento, ossia quello ecclesiale, che ha trovato la sua concretezza nel Sinodo delle Misericordie, pensato e proposto da Mons. Franco Agostinelli, ed avviato ufficialmente a Roma il 17 marzo scorso, alla presenza di S.E. Cardinale Bassetti e di tante importanti autorità.
Un’occasione di incontro, riflessione, confronto; un momento di approfondimento su quanto è da rivedere e da modificare, per preparare e costruire le nostre Confraternite ad essere sempre di più dei “porti sicuri” per le comunità, per i bisognosi, per i poveri, per i malati, ma anche testimonianza quotidiana di carità cristiana. All’interno stesso di ogni Confraternita è necessario adottare visioni ed obiettivi comuni, sentendosi un unico corpo a servizio, con tante mani pronte ad aiutare. E’ altresì importante coinvolgere i giovani, far conoscere loro i nostri principi, le possibilità che esistono in alternativa ad una realtà che spesso li relega al ruolo di meri spettatori.
Allo stesso tempo, dobbiamo uscire da noi stessi, per andare incontro agli altri, aprendoci al dialogo interculturale e interreligioso, forti della nostra fede ma aperti alle interconnessioni tra le tradizioni religioso-culturali. Uno scambio sincero e un’interazione che necessitano di tre fondamentali atteggiamenti dialogici: umiltà, empatia e ospitalità. Solo così è possibile accogliere le differenze e farne, per mezzo del dialogo, dell’apertura e della comprensione, un ponte di unione.
Credo che questa sia una sfida che come Misericordie dobbiamo cogliere, ed ovviamente, una grande opportunità. E’ attraverso l’incontro, ed il confronto, che ci formiamo come esseri umani, che diventiamo noi stessi. La cultura è il prodotto della vita sociale e dell’attività collettiva dell’uomo: sta a noi, adesso, mettere in atto la responsabilità che abbiamo, come Movimento, di agire verso la costruzione e la diffusione di una cultura dell’accoglienza e della solidarietà, dell’incontro, che accorcia le distanze e arricchisce tramite le differenze, dell’impegno per sostenere chi ha bisogno, senza che vi sia da parte nostra giudizio o imposizione, ma solo rispetto, comprensione e fiducia. Voglio ricordare in proposito il brano del venticinquesimo capitolo del Vangelo secondo Matteo nel Nuovo Testamento, in cui Gesù rivela di essere lui stesso l’affamato, l’assetato, lo straniero, l’ignudo, il malato, il prigioniero, il carcerato che tutti incontriamo sulle strade della vita, o che tutti, per cause diverse, possiamo essere o divenire.
La responsabilità collettiva della costruzione di un mondo migliore, in cui vi sia speranza, coinvolge tutti, nessuno escluso. Una missione a cui il Santo Padre ci chiama, in vista dell’anno giubilare, nel 2025: “Dobbiamo (…) fare di tutto – ha affermato - perché ognuno riacquisti la forza e la certezza di guardare al futuro con animo aperto”.
Caro Presidente, credo che il lavoro che è stato fatto in questi anni dall’Unione Mondiale delle Misericordie, debba proseguire con slancio e con forza e – pur essendo arrivato da poco a svolgere il mio servizio -, da un lato, desidero ringraziare Te ed il consiglio direttivo ed i membri di questa autorevole organizzazione e dall’altro offrire tutta la mia disponibilità ad essere e fare sempre più rete a servizio degli interessi dei fragili e degli ultimi. vorrei rinnovare il mio grazie e ricordare le parole di San Giovanni Paolo II, quando ci indicò la strada da percorrere e disse con chiarezza la via della carità che le Misericordie dovevano far propria: "siate i promotori e fautori della civiltà dell'amore, siate testimoni infaticabili della cultura della carità". Siamo nel 1990 e ricordo anche quello che ci ha detto Papa Francesco nel giugno 2014 quando affermò che “Tutto il vostro servizio prende senso e forma da questa parola: “misericordia”, parola latina il cui significato etimologico è “miseris – cor - dare”, “dare il cuore ai miseri”, quelli che hanno bisogno, quelli che soffrono.”
Come sapete ho servito per oltre 21 anni quale Comandante della Gendarmeria Vaticana e come Direttore dei Servizi di Sicurezza dello Stato della Città del Vaticano, così ho visitato tanti Stati, accompagnando Papa San Giovanni Paolo II, Papa Benedetto e Papa Francesco ed ho incontrato tanti di voi in questo peregrinare accanto a Pietro. Così, vi saluto davvero con gratitudine ed affetto. rivolgendo l’ultimo pensiero di gratitudine a coloro che proprio adesso stanno svolgendo servizio nelle sedi delle Misericordie.